di Rino Catalfio
Il 19 marzo ricorre la
tradizionale festa dedicata a San Giuseppe, che da qualche anno, nel nostro
paese, rifiorisce sempre più ricca nel suo significato e nella sua bellezza di
devozione popolare.
Si è allora pensato di riproporre ai nostri
lettori uno studio di “ricognizione” della Festa pubblicato negli Anni Ottanta
sul periodico “Terrasini oggi” (lo
facciamo e lo faremo spesso quando necessario, essendo quel giornale una ricca fonte
cui attingere di volta in volta).
Anche in questo caso l’autore ne fu Rino
Catalfio.
Una cena dei primi del 1900 presso la famiglia Viviano |
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Le scarse notizie
che possediamo sulla condizione sociale e sulla vita di Giuseppe sono contenute nei cosiddetti «Vangeli
dell’infanzia» degli evangelisti Luca e Matteo.
Essi ríprtano
due diverse ed incomplete genealogie che fanno risalite l'ascendenza di Giuseppe
ad Abramo l'una e ad Adamo l'altra, dimostrando ambedue scarsa attendibilità
storica.
Ma la validità
di questi elenchi va considerata, tenendo presente l'importanza per il mondo
giudaico di dimostrare l’appartenenza di Giuseppe, e quindi di Gesù, alla
stirpe davidica. La tradizione considera Giuseppe un falegname, anche se il testo
evangelico usa il vocabolo, tékton che può essere tradotto con «costruttore
edile» cioè , legnaiolo e muratore allo stesso tempo.
È possibile che la tradizione, araba che
(considerava Giuseppe «Yusef, ben Yarakub, en neggiar» cioè «Giuseppe, figlio,
di Giacobbe, il falegname» abbia contribuito a diffondere questa credenza.
I Vangeli apocrifi aggiungono numerose notizie
a quarto detto da Luca e Matteo ed ispireranno molte leggende del culto, tributato
a Giuseppe sia dalle chiese orientali ed africane che dal cristianesimo
occidentale. La raffigurazione del santo risente l'influsso dell’iconografia
dei primi secoli del cristianesimo. Descritto giovane ed imberbe fino al 4°
secolo, in concomitanza con 1a deificazione di Maria, viene
raffigurato vecchio, con la barba, vestito generalmente con una lunga tunica, un
mantello rosso,` col petaso turchino ed un bastone fiorito, come vuole una
leggenda riportata dal Protovangelo di Giacomo e dallo Pseudo-Matteo, apocrifi
posteriori trecento anni, alla morte di Gesù.
Secondo
il racconto, i sacerdoti del Tempio cui era stata affidata Maria, alla sua uscita
dalla fanciullezza, vollero cercarle marito ed affidarono la scelta alla sorte,
consegnando un bastone secco a ciascun pretendente. La sorte avrebbe designato
il prescelto, il quale avrebbe visto fiorire il suo bastone.
Sappiamo che
la sorte favorì un falegname di Betlemme di nome Giuseppe.
Il culto di
San Giuseppe nei paesi della Sicilia è diffuso ed antichissimo. Patrono dei
falegnami, protettore degli orfani e delle ragazze da marito, santo tutelare
dei poveri e di chi vive in ristrettezze, il santo è prodigo di grazie e di
miracoli verso i suoi devoti che, una volta ottenuta la grazia richiesta,
devono conservarne memoria, adempiére i voti e le promesse fatte e glorificare
il patriarca con le dovute manifestazioni di riconoscenza.
Celebre nella letteratura
popolare è «La Sciarra di S. Giuseppi e
lu Patri Eternu» nella quale Giuseppe, dimostrando un carattere alquanto
permaloso, entra in lite addirittura col Padre
Eterno, minacciandolo di ritirarsi dal Paradiso insieme con Maria la sua
dote, cioè, gli Angeli, gli Arcangeli e tutti gli Ordini celesti.
Moltissime
preghiere vengono rivolte al santo per impetrar grazie:
Patriarca mmaculatu
Di Gesù custódiu amatu
Casta spusu di Maria
Prutiggiti e sarvati l’arma mia.
Un'altra recita:
San Giuseppi, un m'abbannunati,
Ntra li bisogni e li me nicissitati
Binidittu é lodati sia
Lu nuomu di Gesù,
Giuseppi e Maria.
Un
particolare segno di devozione al Santo è la frequente imposizione del suo nome
ai bambini e l'uso dei nostri emigrati in America d'inviare una buona somma in dollari ai parenti terrasinesi
affinché ordinino del pane di S. Giuseppe da distribuire a parenti, amici e
vicini.
Un altro
significativo segno di devozione era l’uso di scolpire nella fascia posteriore
dei carretti il gruppo della Sacra Famiglia.
LA CENA
Una
manifestazione della devozione popolare verso il Santo è costituita dalla «Cena
di San Giuseppe», una festa diffusa in tutta la Sicilia, che ha conservato
intatto il rituale a Terrasini e nei paesi vicini, anche se oggi v’è la
tendenza ad utilizzare queste manifestazioni della devozione popolare in chiave
turistica.
La cena nasce
da una promessa conseguente, ad una grazia ricevuta o espressione della
devozione verso il Santo.
Con 1a
promessa si articola la struttura della festa futura.
Si sceglie
numero degli invitati, tre, cinque, dieci, fino ad un massimo di tredici che
raffigurano i dodici apostoli e Gesù riuniti nell'ultima cena e le persone
degl'invitati che non sono strettamente legate alle figure degli apostoli, ma
possono spaziare nell'ambito dei santi venerati da colui che organizza la cena
(ad esempio, si possono invitare i genitori di Maria (Anna e Gioacchino
secondo gli apocrifi), S. Rosalia, ecc.
Un'altra
scelta viene fatta decidendo se 1'onere delle spese debba essere affrontato singolarmente
o diviso con i vicini consenzienti. In tal caso si ripartiscono le spese o si
stabilisce ciò che ogni partecipante deve fornire, restando al devoto l'impegno
dalla prummisioni. Si stabilisce,
infine, quanti giorni prima della festa deve essere preparata la tavola.
Il numero dei
giorni è deciso liberamente dal proponente, anche se il periodo di nove giorni,
è qúello più ricorrente.
Si prepara, dunque,
la tavola che deve essere rotonda. Sulla tavola si stende una candida tovaglia
di lino e tutto l’occorrente per 1a
cena, scelto tra il vasellame migliore della famiglia.
Davanti ad ogni
piatto un pane, un'arancia, un cedro. Sulla tavola vengono esibiti
all’ammirazione dei presenti i migliori pezzi posseduti dalla famiglia: lumi,
vasi, campane di vetro contenenti le statuine dalla Sacra Famiglia, candelabri,
ninnoli vari.
Nella stanza
viene addossato alla parete un altro tavolo, ove a suo tempo verrà posto il
pane di San Giuseppe e la frutta da
offrire al termine della cena ai poveri ed ai presenti.
Una volta
ultimata la tavola hanno inizio le visite serali dei vicini per ammirare a tavola cunzata e recitare il rosario.
Questo periodo
stermina la vigilia del 19 con una luminaria
dedicata a1 Santo affinché egli possa riscaldarsi le stanche membra.
È un cumulo di
legni da ardere, vecchie sedie, cassette,
rottami di barche che viene bruciato in un'atmosfera di allegria, di fastosità,
di grida, corse, salti di bambini eccitati dalla alta, calda e luminosa «vampa».
IL GIORNO DI
SAN GIUUEPPE
L'alba del
giorno stabilito vede già all’opera la famiglia dell'offerente ed i vicini. Si
lavora, alacremente affinché il tutto sia pronto, dal pane odoroso e croccante
ai cibi saporiti ed abbondanti, dalla frutta fuori tempo conservata con cura,
ai dolci squisiti ed invitanti.
È in ballo il
prestigio della famiglia e del vicinato.
All'ora
stabilita giungono gli’invitati e la stanza si riempie di spettatori attenti e parteci
I poveri
vengon fatti sedere a tavola e da quel
momento finché durerà la cena verranno chiamati «Santi»: nei posti centrali Gesù, San Giuseppe e la Madonna.
Gesú è
impersonato da un bambino che veste una
tunichetta bianca, stretta alla vita da una fascia rossa. Giuseppe e Maria,
generalmente, indossano abiti comuni come gli altri invitati. Soltanto
Giuuseppe, tiene in mano il bastone fiorito d'odorose fresie.
Ha inizio la
cerimonia he è preceduta dalla benedizione del pane fatta dal prete. La
sapiente regia di un'anziana donna, che conserva memoria delle preghiere e del
rito, guida lo sviluppo della festa.
La Sacra
Famiglia esce, dalla stanza e si pone all'esterno della porta di casa;
all'interno, in ginocchio, con una candela accesa alle spalle, i padroni di
casa.
Tre volte
bussano i pellegrini, rievocando così le difficoltà incontrate a Betlemme
nella ricerca di un «albergo».
-Cu chi bbatti?,
-Siemu tri ppòvi pillirini, siemu stanchi ri
caminu e nni vurrìssimu
alluggiari un pocu.
-La me casa nún è ff ùnnacu e mmancu
è llucanna, vaitivinni a nn'atra
bbanna.
-Spusa mia pacinziusa
nun-ni vuoli nuddu ancuora
ni nni iamu annunca fuora.
-Cu è chi bbatti?
-Siemu tri ppòviri pilliri, siemu stanchi ri caminu, vurrìssimu
prinnuttari pi-cchista sira.
-La me casa nun è ffùnnacu e-mmancu
è-llucanna, vaitivinnì a-nn'atra
bbbanna.
-Spusa mia pacinziusa
nun-ni vuoli nuddu ancuora
ni nni iamu annunca fora
iamu a-ttuppuliari a-n'atra
pórta
si nni fannu la caritati
l'aria è scura, lu tiempu è ntimpesta
[…] chista è l'ura di andari a
la campìa
a-ghiri a-ffari […]
e rristurari quacchi-ppocu stu nnucenti
nun hannu pena di me,
ma mancu di la mia cara
cunzuorti
mi fa-ppena stu nnuccienti
ch'io tegnu pi la manu
oh Diu di l'arma mia e di lu me
cori
dùami aiutu, murìri nnisintemu.
-Cu è chi bbatti?
-Siemu tri-ppòviri pillirini, siemu stanchi ri
caminu, siemu mannati ri
l'aternu
ddivinu patri, e cc'è Gesù,
Maria e. Giuseppi.
Le porte della
casa si spalancano ed i tre pellegrini vengono accolti con grida di gioia:
« Viva lu patriarca
S..Giuseppi!!! ».
Ha inizio,
quindi, la cerimonia della lavanda dei piedi.
I due padroni di
casa lavano i piedi e le mani dei tre componenti la Sacra Famiglia. Si usa
acqua profumata con fiori di stagione.
I piedi e le
mani vengono asciugati con un candido asciugamano di lino e, finalmente, dopo
la benedizione impartita da Gesù al cibo ed ai presemi, ha`inizio il banchetto.
IL CIBO
Il pane è
l’alimento principale della cena. Viene
impastato in modo che venga ben cotto e croccante. Di forma e di peso variabile
col segno della croce inciso, viene ordinato in grandi quantità affinché si possa
distribuire ai presenti. Soltanto i tre componenti la Sacra Famiglia hanno
diritto a pane di diverso peso (due chilogrammi o più) e di diversa forma: San
Giuseppe riceve un lungo pane a forma di bastone, la Madonna un pane a forma di
Palma (simbolo di verginità, come recita il verso siciliano «Ti mariti cu la palma e la curuna»),
mentre a Gesú viene dato un cucciddatu,
un grosso pane a forra di ciambella.
Gli altri
cibi, che non devono mancare sulla tavola, sono l'arancia e il cedro. Il resto è
frutto di libera scelta e riflette la generosità o la devozione dell'offerente:
pasta, carne, pesce, frutta, dolci, fave, legumi (frequente è la preparazione
della pasta di S. Giuseppi, composta
di tagghiarini,
di ogni sorta di legumi e di tante verdure: sédano, indivia, finocchio,
borragine, ecc.
Tutti i
presenti sono invitati ad assaggiare i cibi della tavola, a tastarti la divuzioni
perché le pietanze sono state benedette.
Durante la cena
Gesù si alza tre volte per benedire: all'inizio, durante ed alla fine del
pasto.
LE «PARTI»
Abbiamo
ricordato che, inizialmente, fra i componenti la Sacra Famiglia ed i padroni di
casa avviene un dialogo sotto la regia di un'anziana donna che conosce le cosidette
«parti», dialoghi e strofe che vengono recitate durante la cena o, secondo una
modifica recente, all'inizio del banchetto.
Noi
abbiamo avuto la fortuna di trovare un'incisione
di queste «parti» che ci è stata fornita da una gentile signora, figlia di una
"rinomata recitatrice di questi bei versi in onore del Santo.
La
registrazione è imperfetta e, pertanto, alcune parole ed interi versi sono
risultati incomprensibili. La trascrizione è conseguentemente lacunosa. Sono
state inicate con le parentesi le parti di difficile comprensione e quelle
assolutamente oscure.
Voglio
ringraziare, infine, quanti `mi hanno aiutato, fornendomi notizie utili alla
compilazione di quest’articolo.
Oh chi bellu cummitu vurrìa fari
pi-ddàricci a-mmanciari a-ttri-ppirsuni
a-ssan-Ciuseppi,ch'è lu principali
appriessu veni Diu nostru signuri
1'urtima ch'è Maria la virginali
la matrisanta ri li piccaturi.
VIVA LU PATRIARCA SAN CIUSEPPI!!!
A-ssàn-Ciuséppi io fazzu stu vutu
pi stu cummitu nni fui avvantaggiatu
[ p'î suli pisci' nni cumpraì un scutu ]
fin'a lu sonu cci fu priparatu
e-ssan Giuseppi l'accetta stu vutu
na seggia mpararisu ccià-ssarvatu
e ccu-mmita tri-ppoviri [..... ]
l'aspetta Cristu e lu celu bbiatu
VIVA LU PATRIARCA SAN CIUSEPPI!!!
Ch'è bbellu lu viaggiu di l'Aggittu
Maria purtava a Gèsu nta lu pettu
e-ssan Ciuseppi si vota [ppi
ddrittu,]
[pigghiannu avanti cu stu
bbastuneddu]
l'ancilu chi cci dicìa tiramu rittu
e-ssan Ciuseppi [chi liggìa l'affettu]
e-ttu mmiti tri-ppoviri cc’è
scrittu
t'aspetta Cristu a lu supranu
[tettu].
VIVA LU PATRIARCA SAN CIUSEPPI!!!
[….]
tu guàrdalu a Gesuzzu quant’è bellu
Pietru chi lu nigàu […]
Giuda chi lu tradì fu lu ribbellu
tagghia l’aricchia a Marcu c’un cuteddu
e-ttu mmita tri-ppòviri […]
â-mmitatu a Cristu […]
[…]
[…]
[… lingua sciota].
Maria ri-san Ciuseppi fu-gguirata
e nta [na campagnella] fu
arricota
cu-ssan Ciuseppi nun ci voli sciarra
cu la Madonna nun ci voli verra
e-ttu mmita tri-ppòviri ccà nterra
[mmita a-cchiddu munnu e nun la
sgarra].
VIVA LU PATRIARCA SAN CIUSEPPI!!!
Nun c’è [...]
ca ognerunu cerca la sua santa via
vô pigghia lu pureddu pi la rrua
e-ss'un-ni lu trovi la stata firrìa
[ma racci ra manciari]
[…]
cu servi ntàvula e-ccu rrobba carrìa
é-ccu mmita tr-ippòviri ncasa sua
à-mnitatu a Gesù, Giuseppi e Maria.
VIVA GESÙ, CIUSEPPI E MARIA!!!
Pièntiti piccaturi mmennz'a vita
picchì nui […] l'avemu calata
Diu nn'à-ddatu n'arma netta e-ppulita
ma nui ri piccati l'avemu macchiata
a Cristu ci rrinovi la firita
picchì veni di Diu la so chiamata
a li ricinnovi ri marzo dda iurnata
agnerunu a-ssan Ciuseppi [.....]
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!!!
E-ssanta Rusulia[la càmmarata]
chi-bbosi fatta la chiesa anurata
li cannileri stampati r'aggentu
lu salistanu [...] santu
súnava li campani [c'un strummentu]
quannu [lu parrinellu diceva santu]
sia laratu lu santu saramentu.
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!!!
O uomu chi ti levi la matina
fatti la cruci e-dditti la curuna
[fall'a-pprisenti] a-tto matri Maria,
[.....duna]
[ ..... stella mattutina].
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!!!
[..... un dorci cantu]
[....lu veru mesìa]
nuatri tutti nni cci mintemu accantu
e-cci ricemu fàtinni santa matri Maria.
VIVA LU PATRIARCA SAN CIUSEPPI!!!
F I N E
Complimeti
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